GIANFRANCESCO DI MAJO

Gianfrancesco Di Majo (anche de Majo, Majo, Maio), detto "Ciccio", nacque nel 1732 a Napoli, figlio di Giuseppe Di Majo e di sua moglie Teresa Manna. 

Studiò con il padre, lo zio e il prozio senza frequentare il conservatorio e, all'età di soli 15 anni, già ricopriva la carica di secondo cembalo nell'orchestra del teatro di corte.

Nel 1747 divenne organista soprannumerario della cappella reale e, tre anni dopo, divenne organista effettivo. Nel frattempo, iniziò l'attività di compositore teatrale, facendo rappresentare a Parma il Ricimero re dei goti (1758), il quale ebbe enorme successo.

Nel 1760, sull'onda di questo primo successo, il re gli affidò la composizione de Il trionfo di Camilla, ma a causa di un attacco di tisi, dovette rinunciare all'incarico, che fu affidato ad Antonio Porpora.

Trasferitosi a Torre del Greco per trascorrere un periodo di convalescenza, nello stesso anno ritornò a Napoli, riprendendo l'attività compositiva con la cantata Astrea placata, alla quale seguirono Il prologo e il Cajo Fabricio. 

Nel 1761 si recò a Livorno, dove fece rappresentare L'Almeria e poi andò a Venezia, dove impressionò i veneziani con la sua opera Artaserse. In seguito, si recò a Bologna per studiare con Padre Martini e poi a Torino per far rappresentare il Catone in Utica. Nel 1762, infine, fu a Roma per il Demofoonte, rappresentato con successo al "Teatro Argentina".

Ritornato a Napoli, riprese il lavoro di organista e si dedicò alla musica sacra, componendo nel 1764 l'azione sacra Gesù sotto il peso della croce e altri lavori, oltre a un prologo per la Didone abbandonata di Tommaso Traetta.

Ormai conosciutissimo all'estero, nel 1764 partì per Vienna, dove fece rappresentare Alcide negli Orti Esperidi. In questo periodo fece diversi viaggi in Italia e in Europa per rappresentare diverse sue opere.

Morì nel 1770 a Napoli, a causa di un nuovo attacco di tisi.

Compositore geniale e tra i più significativi della sua generazione, lasciò un'impronta indelebile nella storia del teatro musicale settecentesco. 

Sensibile alla descrizione di situazioni intime sentimentali, dotate di sottili sfumature patetiche, nelle sue ultime opere (Montezuma, Alessandro nelle Indie e Ipermestra) frammentò l'aria "col da capo" in sezioni contrastanti, unite da un ideale flusso melodico e usando il recitativo come raccordo tra la fine di un'aria e la scena successiva. Svolse anche in stile di recitativo o di arioso la parte centrale dell'aria tripartita.

Affinità con Mozart si rivelano in alcuni tratti stilistici, come il morbido fluire della melodia, percorso da passaggi cromatici molto espressivi e nella scrittura per terze e per seste. Una certa affinità con lo stile mozartiano si individua anche nella predilezione per l'uso della sincope nei momenti altamente drammatici.

Di Majo introdusse anche innovazioni formali, introducendo due nuove forme di aria: la prima abbrevia della metà il "da capo", mentre la seconda abolisce la parte centrale, incorporandola nella parte iniziale, mentre quest'ultima viene poi ripetuta in forma variata.

Anche la struttura interna presenta innovazioni stilistico-formali in quanto, già nel Ricimero (1759), vi si individuano ritornelli iniziali in due tempi di opposto carattere, separati da una cadenza alla dominante.


BRANI CONSIGLIATI PER L'ASCOLTO

"Sonata in Si bemolle maggiore" per pianoforte


Estratti dall'opera "Ifigenia in Tauride"


Aria di Poro "Vedrai con tuo periglio", dall'opera "Alessandro"


Aria di Maria "Dal doloroso monte", dall'azione sacra "Gesù sotto il peso della croce"


"Ouverture-Sinfonia" dell'opera "Montezuma"


FONTI BIBLIOGRAFICHE

Meloncelli, Raoul (1991), DI MAJO, Gianfrancesco in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 40 [online]. Ultimo accesso: 26 aprile 2023. Disponibile presso: https://www.treccani.it/enciclopedia/gianfrancesco-di-majo_%28Dizionario-Biografico%29/

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