CARLO COCCIA

Carlo Coccia nacque nel 1782 a Napoli, figlio del violinista e insegnante Nicolò Coccia. Convintosi delle spiccate doti musicali del figlio, il padre lo affidò giovanissimo a un tal Visocchi, modesto maestro di armonia.

Dopo aver proseguito gli studi musicali con P. Casella, nel 1790 il giovane entrò al conservatorio di S. Maria di Loreto, dove studiò con Fedele Fenaroli (composizione) e con Saverio Valente (canto). 

I risultati raggiunti furono tali che, a soli 13 anni, Coccia esordì con una Serenata, una Cantata, alcuni solfeggi e un Capriccio per cembalo. Per il canto, invece, riuscì a raggiungere una chiarezza e facilità di scrittura delle parti vocali tali che, ben presto, fu richiesto sempre più spesso come cantore durante le funzioni religiose nelle chiese di Napoli.

Fu, però, Giovanni Paisiello che, più di ogni altro, contribuì alla formazione e all'evoluzione artistica del giovane, introducendolo come maestro di musica presso le più illustri famiglie napoletane e come accompagnatore al pianoforte della "musica particolare" del re Giuseppe Bonaparte.

Nei primi anni dell'800, la fama di Coccia era tale che fu invitato a scrivere un lavoro per il teatro Valle di Roma. Fu così che nacque la "burletta per musica in due atti" Il matrimonio per lettera di cambio (1807).

La fredda accoglienza ottenuta dissuase il compositore dal continuare la carriera operistica ma, grazie all'incoraggiamento di Paisiello, riuscì a scrivere una seconda opera, il melodramma giocoso Il poeta fortunato ossia Tutto il mal vien dal mantello (1808), rappresentato al Teatro Nuovo di Firenze.

Accolto con calore, questo lavoro fu seguito da altre due opere buffe, messe in scena per il carnevale del 1809, ossia L'equivoco ossia Le vicende di Martinaccio e Voglia di dote e non di moglie.

Dopo la farsa in un atto La verità nella bugia, eseguita nello stesso anno al teatro S. Moise di Venezia, Coccia passò alla scrittura di opere semiserie, fra le quali il dramma eroico La Matilde (1810), il melodramma di sentimento I solitari (1810), Arrighetto (1812) e Il sogno verificato (1812).

Al 1813, invece, risale la messa in scena del dramma eroicomico in due atti La donna selvaggia, oltre alle le due farse in due atti Il crescendo (1813-1814) e I begli usi di città (1815).

Si ricordano anche il dramma in tre atti Carlotta e Werther (1814), il melodramma eroico in due atti Evelina (o Evellina) (1815), il dramma in due atti Euristea o l'amore generoso (1815), il dramma in tre atti Medea e Giasone (1815) e il melodramma semiserio in due atti La Clotilde (1815).

Dal 1820, Coccia cominciò a viaggiare per l'Europa, stabilendosi prima a Lisbona e poi a Londra. In Portogallo rimase tre anni, presentando per il compleanno del re Giovanni IV il dramma in tre atti Atar (1820) e l'opera buffa in due atti La festa della Rosa (1821). Seguirono l'opera seria in due atti Mandane, regina di Persia (1822) e del dramma semiserio in due atti Elena e Costantino (1823).

A Londra, nel 1824, il compositore venne nominato "direttore di musica" del "King's Theatre" e maestro di armonia e canto presso la "Royal Academy of Music". Durante il soggiorno inglese, compose l'opera seria in tre atti Maria Stuarda (1827).

Mosso dalla nostalgia, nel 1828 Coccia ritornò in Italia, dove fece rappresentare i suoi ultimi lavori operistici, ossia il melodramma comico in due atti L'orfano della Selva (1828), l'opera seria in tre atti Rosmunda d'Inghilterra (1829), il dramma in due atti Edoardo Stuart, re in Scozia (1831) e il melodramma in due atti Enrico di Montfort (1831).

Con il melodramma in due atti Caterina di Guisa (1833), rappresentato alla Scala di Milano con grande successo, Coccia raggiunse un elevato risultato nel genere serio, facendosi apprezzare per la notevole libertà formale, per il lirismo di alcuni pezzi vocali, per la strumentazione originale e per la sapiente fusione di elementi contrastanti.

Successivamente a questo lavoro, furono rappresentati al San Carlo di Napoli il melodramma tragico in tre atti La flgia dell'arciere (1834) e il melodramma in due atti Marfa o Marsa (1835). 

Nel 1836, Coccia fu nominato direttore dell'Accademia Filarmonica di Torino e, negli anni successive, scrisse i melodrammi in due atti La solitaria delle Asturie o sia La Spagna ricuperata (1838) e Giovanna II, regina di Napoli (1840). La sua ultima opera fu il melodramma in quattro atti Il lago delle fate (1841).

Nel 1840 divenne maestro compositore e direttore di cappella della cattedrale di Novara, dedicandosi esclusivamente alla musica religiosa. Fu anche direttore del Civico Istituto musicale Brera, nel quale insegnò contrappunto e composizione.

Morì nel 1873 a Novara, dopo una breve malattia.

La sua produzione annovera numerose composizioni vocali e strumentali, tra le quali si ricordano 26 messe, 16 mottetti, 18 vespri, 17 Tantum Ergo, 3 Miserere, un Te Deum, uno Stabat Mater a 4 voci con organo, 131 salmi e 6 altri pezzi vari.


BRANI CONSIGLIATI PER L'ASCOLTO

"Sinfonia in Sol maggiore" per orchestra


Ouverture dell'opera "Clotilde"


"Aria di Irene", dall'opera "La donna selvaggia"


FONTI BIBLIOGRAFICHE

Macedonio, Mauro (1982), COCCIA, Carlo in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 26 [online]. Ultimo accesso: 7 giugno 2024. Disponibile presso: https://www.treccani.it/enciclopedia/carlo-coccia_%28Dizionario-Biografico%29/

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