FRANCESCO MARIA VERACINI

Francesco Maria Veracini nacque nel 1690 a Firenze. Studiò dapprima con lo zio Antonio Veracini e, in seguito, con G. G. Bernabei, G. M. Casini e Francesco Gasperini.

Svolse un'intensa attività concertistica in Italia e all'estero. Le prime notizie su di lui lo mostrano molto evoluto nell'arte violinistica, tanto da influenzare profondamente Giuseppe Tartini, già allora famoso virtuoso.

Nel 1714, il compositore giunse a Londra, esordendo al King's Theatre come solista tra un atto e l'altro delle opere rappresentate. Secondo Burney, egli era già considerato il maggiore violinista europeo.

Notevole è il suo grande concerto del 1715, nel quale presentò sue musiche vocali e strumentali. A Londra rimase molto tempo, sempre acclamato dalla critica e dal pubblico.

Nel 1720 (o nel 1717), Veracini si trasferì a Dresda, chiamato come violino solista dall'elettore di Sassonia. Qui non trovò un ambiente amichevole poiché, dopo alcuni anni, le ostilità di J. G. Pisendel lo costrinsero ad abbandonare il posto e la stessa Germania.

Nel 1723, il compositore si spostò a Praga, dove lavorò come violinista presso il conte Kinsky e, nel 1735, ritornò a Londra. Qui si vide nuovamente acclamato come violinista, compositore e operista, specialmente con l'Adriano in Siria (1735), la Clemenza di Tito (1737) e L'errore di Salomone (1745).

La fortuna dell'Adriano fu tale che ne furono pubblicati a parte diversi pezzi. Verso il 1746, infine, ritornò in Italia, a Pisa, dove morì nel 1750.

Delle sue composizioni, egli pubblicò solo una raccolta di sonate per violino e flauto (1716) e due serie di sonate per violino (1721 e 1744). Manoscritte rimasero le opere teatrali, diverse altre sonate, concerti e sinfonie.

Inedite rimasero anche le due cantate Nice e Tirsi e Parla al ritratto dell'amante, il canone a due voci di soprano Ut relevet miserum, l'aria per soprano e quartetto M'assalgono affanno e fierezza. 

Nelle sue composizioni si scorge un modello stilistico corelliano. La scrittura nella musica strumentale è libera da ogni simmetrismo rigoroso e punta a far emergere pienamente la melodia. 

Il compositore utilizza gli stilemi imparati nel corso dei suoi studi, ma li ricrea in uno spirito di freschezza, slancio e ardore appassionato, tanto da annunciare la musica del secondo '700. L'elaborazione dei temi è profonda e procede con sicurezza attraverso il fugato.

Le sue sonate, come quelle di Corelli, adottano uno schema a quattro o cinque tempi, mentre quelle più evolute si ispirano allo stile del tardo '700.


BRANI CONSIGLIATI PER L'ASCOLTO

"Ouverture in Sol minore n° 6" per due oboi, fagotti, archi e basso continuo

 

Sonata per violino e basso continuo in Sol minore, op. 1 n° 1


Aria di Osroa "Se mai piagato", dall'opera "Adriano in Siria"


FONTI BIBLIOGRAFICHE

Rossi-Doria, Gastone (1937), VERACINI, Francesco Maria in Enciclopedia Italiana. Ultimo accesso: 14 giugno 2024. Disponibile presso: https://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-maria-veracini_%28Enciclopedia-Italiana%29/

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