FRANCESCO MORLACCHI

Francesco Morlacchi nacque nel 1784 a Perugia, figlio di Alessandro Morlacchi e di Virginia Terenzi. 

La sua formazione musicale iniziò con il padre e proseguì con il prozio materno, don Giovanni Mazzetti, organista della cattedrale cittadina e con Luigi Caruso, maestro di cappella del duomo e direttore di una scuola pubblica da lui fondata.

A questo periodo, risalgono una Via Crucis (1802), su testo italiano di Francesco Maria Sartorelli per la chiesa di S. Angelo, la cantata Gli angeli al divino sepolcro (1803) e 12 Sonatine per pianoforte o clavicembalo (1803).

Tra il 1803 e il 1804, invece, studiò a Loreto con Nicola Zingaretti, dopodiché passò a Bologna alla scuola di Stanislao Mattei e, l'anno successivo, fu affiliato alla locale Accademia filarmonica. 

Tra il 1805 e il 1806, si dedicò alla composizione di musica sacra liturgica, cantate, musica strumentale e brani per spettacoli operistici.

Nel 1807 vinse il posto di maestro di cappella a Urbino, ma non prese servizio, perché aveva già intrapreso la carriera operistica. La sua prima opera fu Il poeta disperato (1807), seguita da Il ritratto (1807), dall'opera semiseria Corradino (1808), dal dramma giocoso La principessa per ripiego e dala farsa Il Simoncino (1809). 

Dopo la nomina alla corte di Dresda, Morlacchi rallentò molto la produzione operistica. Nella prima opera scritta per Dresda, il Raoul di Créquy (1811), Morlacchi fece di tutto per adeguarsi ai gusti locali, abolendo i recitativi secchi e introducendo danze e cori in un insieme unitario e coerente.

Le successive opere, come La capricciosa pentita (1816), Il barbiere di Siviglia (1816) e La semplicetta di Pirna (1817), ritornano a uno stile comico di impronta settecentesca.

Al 1823 risale l'opera La gioventù di Enrico V, che si colloca nel periodo migliore della seconda e più meditata stagione operistica del compositore. Il librettista col quale Morlacchi collaborò molto fu Felice Romani, i cui testi si ben adattavano al clima culturale del primo Ottocento.

L'amicizia proseguì negli anni successivi e Morlacchi scrisse, su testo di Romani, quattro romanze nel 1834 (La rosa appassita, L'incontro in viaggio, La solitudine e La rimembranza) e una nel 1838 (All'amante lontano).

A parte l'oratorio giovanile Gli angeli al divino sepolcro, i successivi oratori furono composti per Dresda, tutti su testi di Metastasio. In questi lavori, Morlacchi tentò di alleviare la monotona alternanza di arie e recitativi tagliando intere sezioni e arricchendo le rimanenti con duetti, quartetti e pezzi concertati, arricchendo l'orchestrazione e scrivendo dei recitativi accompagnati.

A partire dall'Isacco, il compositore introdusse la "declamazione ritmica", stabilendo un profondo legame tra testo e musica, con continue variazioni agogico-dinamiche.

Anche la musica sacra su testo latino fu scritta per Dresda e, tra essa, si ricordano 10 messe, due Messe da Requiem e circa altri 90 brani.

Per tutta la vita, Morlacchi scrisse diverse cantate, risponendo subito alle richieste della committenza, come nel caso della cantata per il compleanno dello zar, composta in soli due giorni. 

A parte la giovanile Cantata in lode della Musica senza dedica, le altre cantate sono dedicate ai protettori del compositore e, dopo il trasferimento a Dresda, ai membri della corte e al loro seguito.

Le circa 40 liriche da camera per canto e pianoforte costituiscono una parte minore della produzione di Morlacchi, che le definiva "inezie". Il tema ricorrente è quello amoroso, colto in sfumature malinconiche e nostalgiche di derivazione arcadico-neoclassica.

Alcune entrano nel vivo dei sentimenti romantici, come l'Odi d'un uom che muore, mentre altri si avvicinano, con tono scanzonato e satirico, a un gusto più modesto e popolare, come la Canzone alla spagnola. Altri ancora, si collocano in una linea sperimentale, come Venite a intender, su testo di Dante Alighieri.

Molto intensa e significativa fu anche l'attività di direttore d'orchestra del compositore in ambito operistico e sinfonico-corale. Nel 1826, Morlacchi fondò un'istituzione caritatevole destinata come cassa per le pensioni alle vedove dei musicisti della cappella.

Durante il soggiorno dresdiano, Morlacchi fruì di varie licenze per dedicarsi alla composizione e all'allestimento delle sue opere in Italia. 

L'ultimo viaggio risale al 1841 ma, già gravemente malato, morì nello stesso anno a Innsbruck (Austria), all'età di 57 anni.


BRANI CONSIGLIATI PER L'ASCOLTO

"Sinfonia", dall'opera "Tebaldo e Isolina"


"Requiem aeternam", dalla "Messa da Requiem"


Romanza "La rosa appassita" per soprano e fortepiano


FONTI BIBLIOGRAFICHE

Brumana, Biancamaria (2012), MORLACCHI, Francesco in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 76 [online]. Ultimo accesso: 26 aprile 2024. Disponibile presso: https://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-morlacchi_%28Dizionario-Biografico%29/

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